L’enoturismo in Tunisia sulle orme di Magon

L’enoturismo in Tunisia sulle orme di MagonLa Tunisia dalle cento sfaccettature: come da una sfera di cristallo manda la sua luce nel mondo.

Si è giunti oggi a poter dire tutto questo ammirando l’impegno del Paese amico nel presentarsi ai suoi visitatori. Lo abbiamo constatato or è poco nel mega educational di Tunisi che apre le porte ospitali attraverso la cultura, il turismo, gli sport, l’enogastronomia.

 

 In primo luogo a testimoniare la validità – delle – attese,  si parte dalla Medina  della Capitale con i suoi 260 ettari di estensione in cui risiedono 100.000 persone circa che, vivendola giornalmente, consentono di preservarla; al Museo Nazionale del Bardo, collocato nel sobborgo di Lo Bardo a quattro chilometri circa ad ovest del centro. Il recente restyling ha consentito la sua completa fruibilità con sei nuovi padiglioni. Si tratta del museo archeologico  più antico dell’Africa e conta sulla più importante collezione del mondo di mosaici romani. Le opere d’arte delle quattro religioni che si sono susseguite in questo Paese fanno sì che il Museo  non sia solo noto per i mosaici quanto per i reperti archeologici che narrano la storia millenaria della Tunisia.

Nell’ambito del turismo, poi, viene potenziata la balneazione, il benessere, la talassoterapia e lo sport golfistico.

Il turista che sceglie il nord della Tunisia non ha che l’imbarazzo della scelta, potendo optare tanto per i siti archeologici come Cartagine, Dougga, El Diem, Baulla Regia, Sveitla, Utica e andare alla ricerca delle strutture migliori per rigenerare il corpo con la talassoterapia nelle SPA degli alberghi. In quanto alle delizie culinarie offerte ai visitatori, ricordiamo il tradizionale Bric.

Si tratta di un foglio di pasta sottilissima che contiene un ripieno di carne secca, pepe e zafferano, completato con un uovo crudo messo come variante al tonno e uova.

Dal momento che stiamo dando uno sguardo alle bontà culinarie, ci vien fatto di parlare della passione tunisina per la viticultura e per l’enoturismo.

 La viticoltura tunisina ha origini molto antiche, le prime attestazioni si hanno intorno all’ 815 a. C. con la civiltà fenicia grazie al trattato dell’agronomo Magon. Questo tipo di coltivazione ebbe un grande sviluppo durante il periodo cartaginese e romano.

Nella penisola di Cap Bon, vicino Tunisi, gli arabi producevano un vino dolce molto rinomato. Nelle isole di Gerba e Kerkenna veniva prodotto invece un vino chiamato hasir, con la qualità d’uva detta asli, con punte di gradazione alcolica dai 16 ai 17 gradi.

A Bizerta poi si preparava un vino denominato “mghelli” (bollito), che prende il nome dalla macerazione e poi bollitura dell’uva. Fu agli inizi del diciannovesimo secolo che un nutrito gruppo di coloni francesi, maltesi e italiani decisero di coltivare le proprie viti in Tunisia, a seguito dell’invasione della fillossera che imperversava in Europa.

Ne è passata di acqua sotto i ponti e oggi ci sono molte joint venture  per produrre e mettere in vendita il vino nei circuiti esteri, come anche sono sorte una serie di cantine-modello, per lo più dislocate nella penisola di Cap Bon, che usano impianti e tecnologie in prevalenza italiane. Utilizzando vitigni sperimentali come il Carignan, il Pinot, il Syrah, il Merlot, lo Chardonnay, il Cabernet, il Sauvignon si stanno producendo in Tunisia da qualche anno anche grandi cru.    

 

 Harry di Prisco

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