Bevande: dall’acqua alla zeta

L’equilibrio fra l’acqua che eliminiamo (col sudore, le urine, le feci e la semplice respirazione) e quella che assumiamo con le bevande e il cibo, è una condizione di salute essenziale. Basta una diminuzione del 2-3% dell’acqua corporea per accentuare la sensazione di fatica, e un deficit più accentuato può comportare sintomi anche molto gravi (in presenza di una disidratazione del 20%, si rischia la morte in breve tempo…).
In estate, i più esposti al pericolo di disidratazione sono i bambini piccoli, perché non hanno ancora messo a punto perfettamente il meccanismo di regolazione della temperatura corporea e della sete. Per loro sono particolarmente a rischio le giornate secche e ventose, in cui la sensazione di sudorazione è ridotta, così come sono pericolose le giornate calde e umide, quando l’afa ostacola la normale produzione del sudore e favorisce i terribili “colpi di calore”. Per evitare rischi, è essenziale offrire da bere spesso ai piccoli e soddisfare immediatamente ogni loro richiesta di bere, anche se sono sudati e accaldati. La classica esortazione “non bere troppo che poi sudi di più!” è assolutamente infondata: non è l’acqua che fa sudare, ma il caldo. Piuttosto, è importante scegliere bene le bevande da somministrare ai bambini, distinguendo quelle che realmente soddisfano le esigenze del loro organismo, da quelle che danno soltanto un momentaneo senso di sollievo e refrigerio, per poi lasciare nuovamente il posto all’arsura.

Acqua del rubinetto: sì o no?

Non c’è dubbio che l’acqua rimanga sotto ogni punto di vista la bevanda migliore e più naturale: non dà calorie, rinfresca, disseta, idrata l’organismo e reintegra il suo patrimonio di sali minerali. Molto spesso, la scelta tra acqua del rubinetto e minerale è solo una questione di gusto: dove quella del rubinetto è fresca e ha un buon sapore, non c’è motivo per evitarne il consumo. Prima di darla abitualmente ai bambini, conviene però richiedere al comune i dati di composizione chimica dell’acqua erogata: è tenuto a fornirli gratuitamente, sulla base delle norme che regolano la trasparenza dei servizi. Una volta in possesso delle analisi, sono due i parametri da controllare per accertarsi che l’acqua del rubinetto sia davvero una buona scelta: il contenuto totale di sali (denominato anche “residuo fisso”) e la presenza di nitrati. Un’acqua a misura di bambino dovrebbe avere un residuo fisso non superiore a 500 mg/l e un contenuto di nitrati più basso di 10 mg/l. Se la composizione eccede questo valori, meglio optare per la minerale.

Acqua minerale: a ciascuno la sua

Con oltre 260 marche in commercio, anche la scelta della minerale richiede comunque attenzione. È importante leggere con cura l’etichetta, in modo da acquistare il tipo che risponde meglio alle esigenze di ciascuno:
· per tutta la famiglia. A tavola sono perfette le acque oligominerali, con residuo fisso al di sotto dei 500 mg/l: in genere hanno una composizione salina bilanciata e non affaticano i reni. I nitrati, meno sono e meglio è (non più di 10 mg/l).
· Per il bebè. Per diluire i latti in polvere ci vogliono acque minimamente mineralizzate, con un residuo fisso molto basso, meglio se non superiore a 50 mg/l, per non alterare la formula bilanciata dell’alimento.

Le bibite gassate: niente di buono…

Aranciate, limonate, cole, gassose… danno tutte parecchie calorie (una lattina ne fornisce circa 130) e le differenze tra una bibita e l’altra riguardano il gusto, più che la sostanza. Anche quelle alla frutta, come le aranciate, di succo ne contengono davvero poco: in media il 12% (è il limite minimo imposto dalla legge), come dire un bicchiere di succo su un litro di bibita. Il resto? Prima di tutto acqua, poi zucchero (una bottiglia di aranciata da un litro ne contiene più o meno 10 cucchiai!), aromatizzanti, acidificanti, conservanti e, molto spesso, coloranti.  Quello che ne risulta è un profilo sostanzialmente negativo: proprio per l’alto contenuto di zucchero, queste bibite non dissetano: trascorso l’effetto momentaneo di sollievo, si è subito portati a berne ancora; inoltre, per mascherare l’eccessiva dolcezza contengono spesso forti dosi di sostanze acide (acido citrico, acido ortofosforico) che possono irritare lo stomaco e intaccare lo smalto dei denti, soprattutto se consumate lontano dai pasti. Come se non bastasse, le calorie assunte attraverso le bevande sembrano “pesare” di più di quelle introdotte con il cibo. Se n’è accorto  un gruppo di ricercatori americani di Boston, che, studiando per parecchi mesi lo stile di vita di 548 bambini tra i 7 e gli 11 anni, ha verificato come tra i maggiori fattori di rischio per l’obesità ci sia proprio l’elevato consumo di bibite dolcificate, più ancora dell’abitudine a mangiare cibi ricchi di grassi e carboidrati. Le bevande dolci caloriche, infatti, passano velocemente attraverso lo stomaco senza stimolare il senso di sazietà, così che le calorie si accumulano senza che l’organismo riesca a regolarne l’assunzione…

Light: una falsa soluzione

Rispetto alle bibite normali, quelle light contengono altri tipi di zuccheri o dolcificanti sintetici al posto del saccarosio. Le calorie, in questo caso, scendono davvero a livelli bassissimi, ma può subentrare un altro problema: per i diversi dolcificanti è stabilita una dose massima giornaliera di sicurezza da non superare, per non rischiare conseguenze negative sulla salute. Questa dose è particolarmente bassa per i bambini, che, bevendo molto  durante la giornata, corrono facilmente il rischio di oltrepassarla (da questo punto di vista, conviene scegliere le bevande dolcificate con aspartame, per il quale è ammessa una dose giornaliera piuttosto alta, difficile da superare). Al di là di ogni dubbio sulla loro sicurezza, c’è poi il fatto  che queste bevande promuovono nei bimbi un forte “gusto per il dolce”, che porta inevitabilmente a preferire di regola bevande e alimenti zuccherini e calorici.

Tè freddo: sì, ma fatto in casa

Al gusto di pesca o di limone, è uno dei prodotti che vanno per la maggiore, forte anche della sua immagine naturale. In realtà, basta leggere l’etichetta per capire che il tè in bottiglia è quasi sempre ben diverso da quello che ci si prepara da soli in casa. Sulla maggior parte delle confezioni si parla di “bevanda di tè” o di “estratto di tè”, a indicare che è fabbricato usando un infuso di tè disidratato, al quale vengono aggiunti acqua, acido citrico, succo di limone o di pesca (più spesso i corrispondenti aromi artificiali) e, in genere, parecchio zucchero. Durante il processo di disidratazione possono avvenire dei cambiamenti nella composizione della bevanda (per esempio, si può avere una perdita di polifenoli, le sostanze che danno colore e gusto al tè e delle quali è riconosciuta l’azione positiva sull’organismo), al punto che, se risulta troppo povera di polifenoli, viene addizionata anche di caramello, per colorarla. In definitiva è molto meglio offrire ai bimbi del buon tè fatto in casa, scegliendolo del tipo deteinato, in infuso leggero e con un’aggiunta minima di zucchero.

Succhi di frutta: un’alternativa accettabile

Oltre all’acqua, che è il loro componente più abbondante, i succhi contengono una certa quantità di zuccheri, naturalmente presenti, oppure addizionati. Anche se le calorie non sono trascurabili,  queste bevande vantano un discreto valore nutritivo per la presenza di una parte delle vitamine e dei sali minerali presenti nella frutta d’origine. Tra le vitamine, la C è la più abbondante, mentre tra i sali prevalgono potassio, calcio e fosforo. Attenzione però, nella scelta si deve distinguere tra due categorie fondamentali di prodotti: i “succhi” propriamente detti e i “nettari”.

    I succhi di frutta sono composti al 100% di succo (di un solo frutto o di più frutti miscelati) ottenuto spremendo i frutti. A volte  vengono fabbricati miscelando dei “succhi di frutta concentrati” (50% di concentrazione minimo) con la stessa percentuale di acqua estratta al momento della concentrazione. In questo caso la qualità della bevanda è inferiore.
    I nettari di frutta, contengono dal 40 al 50% di succo e sono ottenuti aggiungendo acqua e zucchero a un succo (naturale o concentrato) o a una purea di frutta (frutta setacciata comprendente il succo).
    Tra i succhi, meritano un discorso particolare quelli freschi d‘arancia, per le loro caratteristiche effettivamente vicine a quelle di una buona spremuta casalinga. Dopo la spremitura, il succo delle arance viene infatti congelato, per essere trasportato e stoccato, quindi viene macinato, pastorizzato e confezionato. Questi succhi freschi sono buoni, ma vanno conservati in frigorifero, anche a confezione chiusa, e una volta aperto il contenitore, devi consumarli nel giro di uno o due giorni.

Vitaminizzate: ma è proprio il caso?

Sull’onda del successo che stanno avendo gli integratori alimentari, le bibite e i succhi arricchiti con vitamine stanno invadendo gli scaffali del super. Anche qui, bisogna distinguere tra due tipi fondamentali  di prodotti:

    bevande ACE: che si caratterizzano per la presenza di vitamine E, C e A;
    bevande Multivitaminiche: con un numero di vitamine più ampio e variegato e, talvolta, con un ulteriore arricchimento con fibre vegetali.

Che dire di queste bevande? Senza dubbio, le vitamine A, C ed E svolgono un ruolo protettivo importante (vengono chiamate gli “spazzini dell’organismo” per la loro capacità di eliminare i radicali liberi), ma non è il caso di assumerne in quantità esagerata. Mangiare frutta e verdura è il modo migliore per  garantire all’organismo tutto ciò che serve, senza ricorrere a integrazioni che è difficile tenere sotto controllo.

Frullati, spremute e baby fruit

I normali succhi in cartoni o bottiglie sono certamente pratici, ma non c’è dubbio che un frullato o una spremuta di frutta fresca abbia una marcia in più, a patto soltanto di scegliere frutta biologica di stagione e di consumare la bevanda appena pronta. Un’eccezione, però, riguarda i più piccini, per i quali i succhi di frutta a loro destinati (baby fruit) presentano dei punti di vantaggio rispetto ai frullati casalinghi: i baby fruit, infatti, sono omogeneizzati (quindi di più facile digestione), vengono trattati per eliminare l’aria eventualmente inglobata e garantiscono per legge un apporto di vitamina C costante, mediamente superiore a quello dei succhi naturali.

Centrifugati di verdura

Per fare scorta in modo naturale di acqua, vitamine e sali, esiste anche l’alternativa, validissima ma poco considerata nel nostro paese, dei succhi e dei centrifugati di verdura, buoni, sani e con pochissime calorie.  Per evitare delusioni e sprechi, conviene cominciare con prudenza, usando verdure e ortaggi dal sapore certamente gradevole, per poi passare a esperimenti dal gusto più particolare. Il miglior battesimo si ha con la carota, dolce e delicata, ma anche il succo di sedano ha un ottimo sapore e si presta a preparare gradevoli cocktail dissetanti. Senza dimenticare la zucca e la zucchina, altri ortaggi dal gusto collaudato, che danno succhi rinfrescanti e disintossicanti.

fonte buonalombardia.it

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