La Polentina di Cittadella

La “Polenta di Cittadella” nasce nel 1852 dalla fantasia di Giuseppe Martinazzi, gestore dell’allora “Caffè dei nobili”. Il segreto passa ai Turetta, successivamente ad Alessandro Maccan e poi alla famiglia Rossi, proprietari della “Pasticceria Bar San Marco”. La sede odierna del caratteristico prodotto, è un edificio di stile veneziano costruito nel 1509, già residenza del podestà Girolamo Fonte.
Il dolce si presenta con una forma tonda, bianco in superficie e dorato al suo interno e tuttora si produce artigianalmente seguendo l’antica ricetta.
La Polenta di Cittadella, lodata nel tempo da personaggi di notevole importanza, ha ricevuto per ben tre volte l’alto riconoscimento di “Brevetto della Real Casa”. Il gran poeta spagnolo Jorge Guillén la definisce “come un fiore del sole”.

Dolce popolare di antica tradizione, tipico di Cittadella e della zona circostante, agli estremi limiti della provincia di Padova verso la Marca Trevigiana. Il nome è sempre stato intrigante, facendo subito pensare alla polenta, ma in realtà il dolce non assomiglia per nulla a questo piatto, se non nella bontà e nella leggerezza e per l’impiego della farina di mais in una sua variante popolaresca. Viene preparato utilizzando ingredienti molto semplici: uova, zucchero, burro, farina di mais.

Una ricetta che si può definire classica, presente nel ricettario d’una famiglia borghese e risalente alla metà del secolo scorso, suggerisce di setacciare, per ogni uovo, 30 g di fior di farina e altrettanti di fecola. A parte si lavorano i tuorli con lo zucchero fino a ottenere una crema morbida e omogenea, quindi si aggiungono le farine setacciate assieme con un pizzico di lievito in polvere e un pizzico di sale e, per ultime la chiare d’uovo montate a neve. Si versa il composto in una tortiera imburrata e cosparsa di pangrattato e si mette a cuocere in forno preriscaldato a 180°.

La variante popolare di cui s’è detto, prevede l’impiego, per ogni uovo, di ulteriori 60 g di farina di mais giallo, setacciata al tamizo de seda (setaccio di seta). Questa versione è chiamata anche Polentina zala de Citadela (Polentina gialla di Cittadella), ed è stata elevata a dolce di classe, oggi preparato, con una certa raffinatezza, dalla ristorazione locale che desidera mostrare il suo radicamento nella tradizione. Una ricetta piuttosto diffusa suggerisce di montare 4 tuorli con 120 g di zucchero semolato, sino a ottenere un composto gonfio e omogeneo. Si aggiungono poi 60 g di fecola di patate, 30 g di farina di frumento e altrettanta farina gialla passata al tamizo de seda. Si aggiungono mezza bustina di lievito e un pizzico di sale, quindi si mescola delicatamente con il cucchiaio di legno, in modo che non rimangano grumi.

Alla fine si uniscono gli albumi montati a neve, badando, nell’incorporarli, di non smontarli. Si versa il composto in una tortiera rotonda imburrata e cosparsa di pangrattato e si passa al forno preriscaldato a 180° per una mezz’oretta. Levato il dolce, lo si toglie dalla tortiera e lo si lascia raffreddare, quindi lo si spolverizza di zucchero a velo. Solitamente viene servito a fette, con una bella cucchiaiata di zabaione tiepido e un vino molto dolce. Ottimi un Friularo passito di Bagnoli, un Recioto di Soave, un Vin Santo di Gambellara oppure un Torchiato di Fregona

Sito internet di riferimento
La storia della “Polenta di Cittadella” è tratta dal libro di Bino Rebellato “Amore di una terra” (Santi Quaranta 1990), pag.145-146

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