Saòre (marmellata di more)

Mentre ora le massaie che ne hanno la possibilità cercano di farsi in proprio la marmellata, soprattutto con la frutta in esubero, in passato questa pratica era rara, sia perché la marmellata richiede molto zucchero, sia perché non si conosceva o non si usava la sterilizzazione, senza la quale è difficile conservare il prodotto.
Merita però di essere ricordata la marmellata di more, in uso nel Basso Vicentino, chiamata saòre. Le more che venivano raccolte dai gelsi erano messe nella raminèla (ramina), dove venivano cotte lentissimamente a fuoco basso, fino a ottenerne una crema piuttosto densa. Non si aggiungeva zucchero.

Lavate le more sotto l’acqua corrente e mettetele a bollire con l’acqua. È necessario usare un recipiente non stagnato affinché la frutta non si ossidi e annerisca, si possono quindi porre le more in un piccolo paiolo di rame o in un recipiente di coccio. Fate bollire le more per un quarto d’ora, mescolandole continuamente e schiacciandole con una schiumarola. Se vi danno fastidio i semini passatele per un setaccio o nel passaverdura e ponete il succo nuovamente nel recipiente di coccio, aggiungendo lo zucchero. Togliete la schiuma e fate bollire per una decina di minuti. Spegnete il fuoco, lasciate raffreddare un poco la conserva, poi mettetela nei vasetti, che chiuderete ermeticamente.

 

 

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