Come gli altri agrumi, il cedro ha le sue origini nell’Asia sudorientale, più precisamente all’incirca nell’area oggi amministrata dal Bhutan, ma è giunto in Europa in tempi remoti. Oggi in Italia il cedro è principalmente coltivato e lavorato in Calabria, nella fascia costiera dell’alto Tirreno cosentino che va da Diamante a Tortora, denominata Riviera dei Cedri con al centro Santa Maria del Cedro, dove questo agrume cresce spontaneo.

In Italia la conoscenza del cedro è molto antica. Fu classificato già da Plinio il vecchio nella Naturalis Historia col nome di “mela assira”. A quei tempi ancora non si usava il frutto come alimento; il suo utilizzo a tale scopo si sarebbe diffuso solo due secoli dopo. Era invece usato come repellente per gli insetti nocivi come le zanzare, in maniera analoga alla citronella.

Attualmente è coltivato soprattutto nell’area mediterranea, in Medio Oriente, India ed Indonesia, ma anche in Australia, Brasile e negli USA. In molte località indiane cresce pure spontaneamente.

Il cedro viene impiegato nell’industria alimentare per la preparazione di bibite analcoliche e frutta candita, ma la maggior parte ne viene consumata nell’industria farmaceutica per la produzione di olio essenziale. L’essenza ricavata dal cedro è però facilmente deteriorabile, per cui solitamente si usa corretta con l’essenza di cedrina.

La cedrina (Citrus medica citrea gibocarpa) è una varietà usata esclusivamente per la produzione dell’essenza. Dato infatti che il cedro è scarsamente utilizzabile come frutto fresco, si è cercato di svilupparne delle varietà che potessero essere sfruttate industrialmente. Dalla cedrina si estrae un olio essenziale con forte odore di cedro; consistente perlopiù di limonina, citrale ed altri terpeni. Mentre l’essenza originale del cedro facilmente si intorbidisce e lascia dei residui resinosi, l’essenza di cedrina rimane limpida. È dunque un eccellente sostituto, tanto che vari agronomi propendono per un totale abbandono delle coltivazioni del cedro a favore di quelle della cedrina.

Una menzione particolare va fatta del cedro giudaico o etrog (Citrus medica var. ethrog) che viene usata dai credenti ebrei nella Festività dei Tabernacoli. È una varietà coltivata in Grecia, Etiopia e soprattutto in Israele ma anche in Calabria nella Riviera dei cedri. A differenza di tutti gli altri agrumi, possiede un’albedo (la parte bianca della buccia) commestibile ed anzi molto succosa. Gli steroli contenuti nell’albedo sono un ottimo rimedio contro il colesterolo. Il frutto intero viene impiegato per la produzione di bibite analcoliche.

Quasi tutta la produzione italiana di cedro proviene dalla Riviera dei Cedri. Molti autori, fra i quali il Milone, sostengono che il cedro è presente sulla costa calabrese per motivi naturali e climatici; la pianta ha bisogno di un clima stabile senza sbalzi di temperatura, di acqua abbondante e soprattutto di crescere al riparo dei venti. Per questo i contadini che la coltivano le dedicano lavoro e sacrifici.
D’inverno la coprono con canne che vengono tolte in primavera e per rimuovere periodicamente il terreno devono stare inginocchiati per terra.
Certo la coltura è molto antica ed è strettamente legata all’immigrazione ebraica dei primi secoli dell’era cristiana e alla successiva occupazione bizantina. Il cedro è richiesto dagli Israeliti per la festa dei Tabernacoli e per le celebrazioni religiose della sukkoth; si può quindi ipotizzare un legame con questi motivi religiosi. Bisogna tener presente dall’altra parte anche l’influenza della Scuola Medica Salernitana che prescriveva l’uso medico del cedro.
Nel sedicesimo secolo la cedricoltura calabrese aveva grosso sviluppo per la presenza di folte colonie ebraiche in Calabria calcolabili intorno a 50.000 persone, quasi il 10% della popolazione residente.
Si coltivavano i cedri anche in Puglia, in Campania e in Sicilia ma l’intolleranza religiosa dei dominatori spagnoli li ha fatti scomparire. Qualche sporadica presenza rimane solo in Sicilia.
Fino agli anni sessanta il prodotto veniva commercializzato da pochi incettatori; poi i contadini si sono organizzati in cooperative e consorzi ponendo termine alla speculazione.
Il cedro raccolto viene “salamoiato” in zona e poi viene venduto per la metà all’estero (Germania, Paesi Bassi e il resto nell’Italia centro settentrionale per la canditura e l’uso dolciario.
Una parte del prodotto viene esportato per motivi religiosi

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