OGM: BUONI O CATTIVI?

Per produrre maggiori quantità di alimenti e per migliorarne la qualità nutrizionale, negli ultimi trent’anni i laboratori di biotecnologie di tutto il mondo hanno lavorato per creare degli organismi geneticamente modificati (OGM), detti anche organismi transgenici.
Un OGM è un organismo nel cui corredo cromosomico è stato inserito, grazie a tecniche di ingegneria genetica, un gene estraneo preso dal DNA di un organismo di specie diversa. In questo modo l’organismo che riceve la nuova porzione di DNA acquista le caratteristiche dell’organismo “donatore”.
Questo intervento ha permesso di modificare le colture agricole per conferire loro principalmente due caratteristiche: la resistenza agli erbicidi e la resistenza agli insetti.
Anche per alcuni animali allevati sono stati sviluppate sperimentazioni di ingegneria genetica, per renderli più produttivi o più resistenti alle infezioni, ma la complessità degli organismi animali ha limitato l’applicazione rispetto a quanto avvenuto in agricoltura.

Gli OGM rappresentano una delle più discusse biotecnologie ad oggi utilizzate nel settore agricolo. Sulla potenziale dannosità degli OGM è, infatti, in corso un acceso dibattito tra chi ritiene che i vantaggi per la società siano maggiori rispetto ai possibili effetti sull’ambiente e sulla salute umana e chi, invece, afferma che si sappia troppo poco per poterli utilizzare e che l’ambiente risentirà dell’inquinamento genetico con numerose conseguenze: le piante infestanti diventeranno anch’esse resistenti agli erbicidi di cui si dovranno usare, quindi, maggiori quantità perché siano efficaci, i parassiti si evolveranno diventando capaci di attaccare anche le colture GM (Geneticamente Modificate) e si tornerà ad applicare gli insetticidi in ingenti quantità, per cui scompariranno, insieme ai parassiti, molte altre specie di insetti e la biodiversità si ridurrà ulteriormente.

Con l’avvento dell’ingegneria genetica, le multinazionali dell’agrochimica che producono fertilizzanti e pesticidi, come Bayer, Monsanto, Syngenta, BASF e Dupont, hanno esteso le loro attività anche alla produzione sementiera con l’obiettivo di creare coltivazioni OGM funzionali all’uso di input chimici.
In questo modo si vendono semi transgenici corredati di prodotti che aumentano la produttività delle coltivazioni, come gli erbicidi, senza danneggiare le colture. L’esempio più noto è quello della Monsanto, multinazionale agrochimica che ha investito nella ricerca biotecnologica per sviluppare sementi che resistessero al suo principale prodotto: l’erbicida Round Up.

Le leggi di molti Paesi permettono di brevettare i semi GM trasformandoli, quindi, in un prodotto di proprietà dell’azienda.
L’azienda che vende agli agricoltori i pacchetti “OGM-pesticida” guadagna, quindi, in tre passaggi diversi: nella vendita del pesticida, nella vendita della coltura transgenica resistente al pesticida e nell’applicazione dei diritti sul brevetto (royalties), che si concretizza con un sovrapprezzo rispetto alle sementi tradizionali.
In particolare, l’azienda può esigere che gli agricoltori ricomprino i semi ogni anno, o che paghino i diritti sulla tecnologia della semente transgenica quando utilizzano una parte del raccolto precedente per la nuova semina.

Dal 1997 al 2007 la superficie mondiale coltivata con OGM si è decuplicata, passando da 11 a 114 milioni di ettari. Le piante oggetto di modificazioni genetiche sono soprattutto mais, soia, colza, papaia, zucca e cotone.
In Italia la coltivazione di OGM a scopi commerciali non è consentita, tuttavia l’Italia importa l’87% di mais e il 50% di soia per soddisfare il proprio fabbisogno interno da Paesi che producono sempre più OGM al posto delle colture naturali.

Fino all’arrivo degli OGM ogni contadino poteva conservare una parte del raccolto per riseminare alla stagione successiva senza dover niente a nessuno.
Invece, da quando comincia a produrre coi semi “inventati” e brevettati dai biotecnologi di un’industria, ad ogni semina dovrà pagare una quota, anche se l’industria non fa più nessuno sforzo. Un po’ come comprare una mucca, curarla ed alimentarla a proprie spese e dover pagare una tassa a chi ce l’ha venduta tutte le volte che la mungiamo.

 

fonte eat-ing

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