Il Franciacorta

Sulle colline della Franciacorta la vite è stata impiantata fin dalle epoche più remote. Ne sono una prova i rinvenimenti di vinaccioli di epoca preistorica e materiale archeologico rinvenuto un po’ su tutta la zona oltre alle diverse testimonianze di autori classici, da Plinio a Columella a Virgilio e sappiamo anche dei popoli che si stanziarono nella Franciacorta e che conosciamo anche attraverso testimonianze storiografiche: i galli Cenomani, i Romani, i Longobardi. Eccezionale è il reperto archeologico rappresentato da un grandioso architrave di tempio che, proveniente da Erbusco, fu portato a Brescia e ora è murato a vista nella facciata del palazzo del Monte di Pietà della Loggia.Pur vantando una lunga storia, il nuovo corso della vitivinicoltura della Franciacorta inizia a tutti gli effetti al principio degli anni ’60 con la nascita delle prime cantine. Sul finire degli anni Settanta l’enologia italiana visse una fase di grande fermento e in Franciacorta diversi imprenditori investirono e puntarono sulla coltivazione della vigna. Da lì la crescita è stata rapidissima fino ad arrivare all’odierna Franciacorta, considerata da molti l’unica area italiana di produzione di bollicine che ha raggiunto livelli tranquillamente paragonabili a quelli della Champagne francese.

ll primo documento che ci dà notizia di proprietà fondiarie dislocate in Franciacorta, dipendenti dal monastero bresciano di S.Salvatore, risale all’anno 766. Si tratta del diploma con cui Adelchi, figlio di Desiderio, in accordo con la madre Ansa, aveva provveduto a donare “pro remedio animae” al monastero, fondato pochi anni prima proprio per iniziativa della madre.
Prima del secolo X, però, le nostre conoscenze sulla diffusione e la consistenza della viticoltura rimangono scarse e frammentarie, anche se alcune località dovettero conoscere una intensa attività vinicola già in età romana. In un documento del 7 aprile 884, il Monastero di Santa Giulia esercitava la “undatio fluminis in Caput Ursi” cioè dal diritto di pedaggio sul fiume Po a Caorso nel piacentino riceveva spezie, sale e olio, mentre il monastero trasportava vino rosso e vino bianco nei propri possedimenti del cremonese e del piacentino fino nel reatino.
I documenti del IX, e specialmente del X e XI secolo, come risulta dal Polittico di Santa Giulia, dalle carte di Leno e di altri importanti enti monastici urbani, testimoniano una diffusione colturale della vite sparsa un po’ dappertutto e sono una spia indicativa della continuità, suggellata da significativi rinvenimenti archeologici nella zona, della vitivinicoltura dall’età tardo antica al pieno medioevo in Franciacorta, facilitata anche dalle favorevoli condizioni climatiche e pedologiche. Una continuità che trova precisi riscontri documentari come mostrano soprattutto le carte giuliane e quelle della Mensa vescovile, come riferisce sempre Gabriele Archetti.

Il territorio franciacortino verso la fine del ‘400 era amministrato per quadre (ossia un distretto, che aveva un proprio capoluogo). La Franciacorta era formata dalle quadre di Rovato, di Gussago e in parte da quella di Palazzolo. Venezia premiò la fedeltà delle quadre di Rovato e di Gussago con privilegi concessi mediamente le celebri “carte ducali” del 1440, documenti di altissima importanza per la storia della Franciacorta. Era il tempo delle compagnie di ventura e una nuova descrizione geografica della Franciacorta compare nello statuto del Doge Francesco Foscari (1429), delimitazione che ricalca gli attuali confini (come risultano nel disciplinare di produzione dei vini DOC di Franciacorta approvato il 21 luglio 1967). La prima rappresentazione topologica e toponomastica della regione di Franciacorta risale ad una carta del 1469, opera di un autore anonimo, che oggi è conservata nella Biblioteca estense di Modena.

Sul finire degli anni Settanta l’enologia italiana era in agitazione, stava nascendo l’era della produzione e dei consumi di qualità e in Franciacorta diversi imprenditori già sensibili a questa nuova esigenza, investirono e puntarono sulla coltivazione della vigna da cui ricavare un vino destinato a varcare ben presto i limiti territoriali “de Franzacurta”.
E così dall’intreccio di situazioni casuali e di passione personale, di studio, di esperienza imprenditoriale di alcuni uomini e di investimenti coraggiosi e dall’emulazione che spinge a fare le cose migliori che altri hanno già compiuto (anzi, a superarle), ha avuto origine l’attuale “fenomeno” chiamato Franciacorta.


Un’esperienza unica in Italia, i produttori franciacortini hanno saputo introdurre e abbinare l’aggiornamento, lo sviluppo e la sperimentazione con la tradizione, con la valorizzazione del territorio e con le dinamiche leggi del marketing senza mai guardarsi alle spalle, senza mai credere che la storia, la tipicità e la qualità conclamata fossero caratteri inalienabili e indispensabili come invece sono la tutela, l’origine e la ricerca della qualità del prodotto.

Nell’intreccio tra storia, vino e cultura della Franciacorta si inserisce una delle prime pubblicazioni al mondo sulla tecnica di preparazione dei vini a fermentazione naturale in bottiglie e sulla loro azione sul corpo umano. Stampato in Italia nel 1570, il testo viene scritto dal medico bresciano Gerolamo Conforti con il significativo titolo di Libellus de vino mordaci. Questo medico, i cui studi precedettero le intuizioni dell’illustre abate Dom Perignon, mise in rilievo la notevole diffusione e il largo consumo che i vini con le bollicine avevano in quell’epoca, definendoli “mordaci”, cioè briosi e spumeggianti.


Non solo, egli li descrisse con perizia da esperto degustatore, arrivando a giudicarli “dal sapore piccante o mordace che non seccavano il palato, come i vini acerbi e austeri, e che non rendevano la lingua molle come i vini dolci” e ne elencò i pregi terapeutici. Per Conforti, che tra l’altro conosceva a fondo l’enologia francese, i vini franciacortini divenivano più spumeggianti durante il periodo invernale, per deperire, smorzandosi, nel corso dei mesi estivi.
L’origine della spuma stava dunque nell’ebollizione del mosto o, per dirla più correttamente, nella fermentazione, che, anche allora, andava controllata, affinché la “scoria gassosa, leggera e pungente” non si disperdesse.
E’ da queste illustri considerazioni che forse i primi produttori di vino franciacortino con le bollicine ricominciarono ad utilizzare i chicchi di orzo per accentuare e prolungare la fermentazione.

A identificare questo vino è unicamente il nome della regione geografica, limitata e definita nei suoi confini, dove crescono le sue vigne e hanno sede i suoi produttori. Le etichette recano solo la dizione Franciacorta: un unico termine definisce il territorio, il metodo di produzione e il vino. Il Franciacorta è stato il primo vino ottenuto col metodo della rifermentazione in bottiglia ad aver ottenuto in Italia, nel 1995,

la Denominazione di Origine Controllata e Garantita, massimo riconoscimento di qualità e tipicità di un vino..

fonte www.franciacorta.net

 

 

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