Riso in cagnone

La denominazione viene dal lombardo cagnun, che significa larva d’insetto: riso come larve, per l’aspetto che i chicchi di riso assumono dopo la cottura.

Tempo di esecuzione: 30 minuti
Tecnica di cottura: Lessatura, Frittura
Stagionalità:  Tutto l’anno
Utensili: pentola, casseruola

Sin dall’antichità, l’aglio (Allium sativum) è uno dei vegetali aromatici più usati in Lombardia (come del resto anche in tutti i paesi mediterranei), per il condimento di minestre, di risotti, di polenta, di paste farcite, ma anche per la cottura delle carni di tutti i tipi.
Le evidenti qualità aromatiche dell’aglio, valorizzate il più delle volte dalla fragranza del burro (non di rado in associazione con la salvia) costituiscono quasi una costante della gastronomia padana, per altri versi così attenta alla misura dei valori aromatici delle pietanze.
Nel mondo della tradizione, l’aglio evocava sicuramente la memoria di quelle pratiche apotropaiche di cui i poveri avevano bisogno per sostenere un’esistenza priva di certezze. L’aglio era considerato dalla cultura popolare il più potente antidemoniaco, capace di allontanare gli influssi negativi e le disgrazie.
Gli si attribuiva un forte valore di contravveleno e perciò veniva usato in tutte le occasioni alimentari in cui fosse in discussione la tossicità del cibo, soprattutto con i funghi, con i quali entra in associazione pressochè costante, al di là della tecnica di preparazione e della specificità delle singole formulazioni.

Preparzione per 6 porzioni:

    RISO:  500 g
    BURRO: 100 g
    AGLIO:  1 spicchio
    SALVIA: 6 foglie
    FORMAGGIO GRANA GRATTUGIATO:  80 g
    SALE:  q.b.

il cagnone è diffuso in tutta la Lombardia occidentale, con scarsissime varianti, principalmente sulla quantità di spicchi d’aglio per il soffritto (da uno ad alcuni, fino a parecchi), così che oltre a Lodi, anche Milano, il Varesotto e la Lomellina ne vantano la paternità.
In alcune zone confinanti col Novarese, la stessa denominazione identifica un piatto in cui il condimento è ottenuto con cipolla soffritta nel burro e polpa di pomodoro, che può considerarsi una variante ottocentesca rispetto alla arcaicità della nostra ricetta.
Il Dubini ne dà un’interpretazione personalissima, con cipolla, olio, acciughe e noce moscata.
 

    Cuocere il riso molto al dente in abbondante acqua salata;
    nel frattempo schiacciare l’aglio e friggerlo a color nocciola insieme al burro e alla salvia;
    scolare il riso e metterlo nei piatti;
    scartare l’aglio e versare il condimento e il grana sul riso;
    servire subito.

La preparazione è semplice ma, proprio per questo, necessita di alcuni accorgimenti, suggeriti dalla consuetudine.Il condimento deve essere pronto nello stesso momento il cui il riso, vialone o maratelli, cotto al dente, viene scolato, per evitare che passi di cottura.
Il burro deve essere quasi fumante e aver preso un colore nocciola intenso, per ottenere, una volta versato sul riso, l’effetto di crogiolatura e di doratura tipico di questo piatto.
Va consumato caldissimo.
 
Tipico primo invernale, da preporre o accompagnare a scaloppine con verdure o a pollo arrosto. Vi si abbini un vino fragrante e secco, ma equilibrato, quale il Franciacorta Pinot o il Riesling dell’Oltrepò, se particolarmente ricco di stoffa.

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