Stufato d’asino

Da stufa. Ma già dal secolo scorso, stufato è sinonimo di brasato (da brace), di stracotto (termine prediletto da Pellegrino Artusi) e di umido, ad indicare la cottura lenta e prolungata di alcuni tagli di carne, generalmente preceduta da rosolatura.

Generalmente si preparava con il culaccio di bue, ma quasi ovunque, in campagna, si usavano anche i tagli più nervosi ricavati dalla macellazione dell’asino o del cavallo.
La stufatura (o la brasatura, ottenuta appoggiando le braci accese sopra il coperchio del tegame) durava spesso 8-10 ore e rendeva morbida e sugosa una carne altrimenti difficilmente commestibile.
Usando carne d’asino, più asciutta, è d’obbligo la lardellatura, ma la migliore qualità del prodotto oggi in commercio renderà sufficiente una cottura di 2-3 ore.
 

Preparazione per 6 porzioni:

    REALE DI ASINO:  1 kg
    CIPOLLE:  60 g
    CAROTE:  60 g
    SEDANO:  60 g
    FUNGHI SECCHI:  20 g
    OLIO DI OLIVA:  30 g
    BURRO:  40 g
    FARINA BIANCA 00:  20 g
    LARDO:  50 g
    VINO ROSSO CORPOSO:  120 cc
    BRODO DI CARNE:  1 L
    AGLIO:  1 spicchio
    CHIODI DI GAROFANO:  2
    NOCE MOSCATA:  q.b.
    CANNELLA:  q.b.
    SALE:  q.b.
    PEPE:  q.b.

L’ingrediente: l’asino e il cavallo 
In centinaia di paesi della Padania, tra la primavera e l’autunno si corrono i palî di àsan, a rinverdire nella memoria popolare la continuità con le epoche bertoldesche della cultura subalpina.
Finito il periodo delle feste della natura, dall’autunno alla primavera, l’eventuale macellazione degli asini e dei cavalli vecchi contribuiva, in passato, a portare, assieme al sacrificio del maiale, un po’ di variazione proteica sulle tavole rustiche assoggettate alla tirannia di diete ceralicolo-erbacee.
Le parti meno nobili dei quadrupedi erano tritate e mischiate con grasso di maiale, per ricavarne salami e cacciatori.
Le interiora, le trippe e i ricercatissimi testicoli, si cucinavano come quelli di bue.
Gli altri tagli erano utilizzati per stufati, brasati e stracotti.
L’attuale scarsa reperibilità del prodotto (del resto quasi tutto d’importazione) ha fatto decadere la tradizione di una cucina della carne equina, così che sui ricettari ne rimangono solo poche tracce.
Oltre agli stracotti, da cui si può ricavare anche il ripieno per i ravioli o il ragù per la pasta, si ricorda uno spezzatino d’asino con verdure, gli involtini con la pancetta affogati nel sugo di pomodoro e la pastissada de caval del territorio bresciano.
Qualche artigiano delle zone alpine produce ancora bresaole con carne d’asino o di cavallo, mentre salami di varia pezzatura si producono anche a livello di piccola industria.
 

    Steccare con l’aglio e lardellare la carne; legarla e infarinarla leggermente;
    in una casseruola far rosolare l’olio e il burro e aggiungere la carne;
    farla rosolare bene sui lati e bagnarla con il vino;
    ggiungere le verdure e le spezie;
    coprire con il brodo;
    coprire e cuocere lentamente per circa 4 ore;
    a cottura ultimata togliere la carne, avvolgerla in un foglio di alluminio;
    passare al setaccio le verdure;
    fare restringere il sugo rendendolo cremoso;
    affettare la carne e disporla nella pirofila ben calda, coprirla con il suo intingolo e servirla caldissima con polenta o patate.

Varianti:
generalmente il battuto si fa solo con cipolla o con cipolla e aglio; le altre verdure sono discrezionali. Non sempre è previsto l’uso delle spezie, né l’infarinatura della carne, né la presenza dei funghi.
Se lo stufato non serve ad accompagnare la polenta, si possono aggiungere nel tegame delle patate a pezzi.

Sia con la polenta sia con le patate è un piatto completo.
Ha bisogno di un vino rosso dal profumo largo e composito, ma dal sapore netto e vigoroso, come un Valtellina Superiore Valgella, con qualche anno di invecchiamento e un minimo di affinamento in bottiglia

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