Anlac: per la coniglicoltura italiana l’emergenza non è finita

“Per la coniglicoltura italiana l’emergenza non è ancora finita – afferma il presidente dell’Anlac Saverio De Bonis – l’anno appena concluso ha visto crescere le quotazioni del 16% rispetto al 2010, la produzione del 4,1%, l’export del 8,2%, ma gli allevatori hanno avuto serie difficoltà ad essere competitivi, a causa dell’ aumento dell’ import (+39,9%) e del lievitare del costo delle materie prime, che ha costretto altri allevamenti alla chiusura, con un notevole peggioramento del saldo commerciale (-23%), nonostante vi sia un piano nazionale fermo sulla carta e non ancora decollato per far uscire il settore dalla crisi e far emergere le caratteristiche di una filiera che vanta una leadership in Europa”.
I consumi sono cresciuti del 5,1% nel 2011 e allora come può essere in crisi un settore dove non c’è crisi di domanda? Bisogna rispondere in modo efficace ai gravi problemi che condizionano pesantemente i nostri allevatori: la verità è che l’ uso strategico della leva import-export da parte degli speculatori sta producendo l’aumento della concentrazione del settore (le prime quattro imprese detengono il 50% del fatturato); i costi produttivi crescono (gli incrementi del mangime in un anno hanno superato il 10% rispetto al 2010, erodendo così l’incremento delle quotazioni del vivo); i prezzi alla stalla sono insufficienti a coprire i costi e sono tenuti artificialmente bassi per impedire ai produttori di fare reddito; nelle borse merci italiane, infatti, non c’è trasparenza, e a ciò si aggiunge l’ inerzia del Governo italiano che da oltre otto mesi non ha dato alcuna risposta alla segnalazione inviata dall’antitrust che testimonia il cattivo funzionamento degli attuali meccanismi.
L’Anlac riafferma con forza l’urgenza di interventi realmente validi a sostegno degli allevatori cunicoli italiani, il cui reddito ha subito, negli ultimi anni, un taglio pesantissimo. Ciò diversamente dai macellatori italiani che hanno potuto incamerare lauti proventi derivanti dalle pelli dei nostri conigli (circa 30 milioni di euro nel 2011!), senza lasciare un centesimo agli allevatori costretti, peraltro, a subire una manovra fiscale pesantissima che di fatto tassa i mezzi di produzione. Per l’ Anlac c’è bisogno di azioni coerenti, rapide e incisive a favore del quarto settore della zootecnia italiana, sino ad oggi bloccato da interessi lobbistici ed egoistici, in particolare attuando il piano di settore, intervenendo presso l’Unione Europea che sull’etichettatura obbligatoria di origine delle carni ha discriminato il coniglio e, soprattutto, raccogliendo la segnalazione che l’Autorità Garante ha inviato al Governo sulla formazione dei prezzi nella filiera cunicola, che sollecitava l’istituzione di una Commissione Prezzi Unica (Cun) per definire quotazioni trasparenti sulla carne e, si aggiunge, anche sulle pelli che oggi rappresentano una fonte aggiuntiva di reddito appannaggio dei macellatori.

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