Made in Italy ‘sconosciuto’, gli italiani bocciati a tavola

 

Per il 40% degli intervistati la Parmigiana è una ragazza di Parma

 

Strano ma vero. Il voto che gli italiani si meritano in fatto di conoscenza dei prodotti e delle tipicità del Belpaese, è ben al di sotto della sufficienza. E, se anche in questo campo, si applicassero le nuove regole introdotte nella scuola dal Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, viste le lacune, si dovrebbe ripetere l’anno.

Alcuni esempi riportati, così come la fonte della notizia, dall’agenzia Apcom. Per un italiano su tre il salame Felino è un insaccato veneto a base di carne di gatto e l’aceto balsamico, per uno su due, è realizzato unendo al normale aceto una salsa dolciastra o delle erbe aromatiche di montagna. Inoltre per un italiano su cinque il culatello è modo simpatico di chiamare il fondoschiena dei bambini o addirittura un vezzeggiativo per una signorina che ha delle curve particolarmente attraenti. Per un italiano su due il datterino (un pomodoro) è un tipo di dattero pregiato, di dimensioni mignon. Per altri invece è semplicemente….un dolce egiziano a base di datteri. Per il 40% degli intervistati la Parmigiana è una ragazza di Parma.

È quanto emerge da un’indagine condotta da “Vie del Gusto”, mensile di turismo ed enogastronomia, su un campione di 1.300 uomini e donne con età compresa fra 18 e 55 anni. All’atto pratico gli italiani dimostrano di “non conoscere alimenti e piatti della tradizione”. Scorrendo i dati riportati dal periodico, “scopriamo” che per il 29% degli intervistati, la dicitura “made in Italy” indica prodotti che esistono solo nel nostro Paese, per il 23% è un prodotto presente solo in alcune aree geografiche, mentre per il 19% è sinonimo di tradizione.

Inoltre solo il 19% sa che la Tinca gobba dorata è un pesce, per il 42% degli intervistati si tratta di una malformazione di un osso della gamba (viene insomma confusa con la tibia), ma c’è anche chi si dice convinto del fatto che sia un pregiato vino delle Langhe (12%). Invece il capocollo – un insaccato ottenuto dalla lavorazione de lavorazione della porzione superiore del collo del maiale e da una parte della spalla – per un italiano su 4 è “la parte superiore del collo dell’uomo”, per uno su 5 invece è un formaggio.

Passando a verdure e formaggi, secondo l’indagine di Vie del gusto, solo l’11% sa che il Formaggio di Fossa viene così chiamato per la particolare stagionatura, il 26% pensa si tratti di formaggio fatto con il latte di mucche “fassone” (26%) o che venga prodotto in un paesino chiamato Fossa (41%). Allo stesso modo, solo il 21% sa che il barricamento è una tecnica di invecchiamento del vino in botte di legno (barrique) e non una barricata (39%) o un modo di essere, quando ci si chiude troppo in se stessi (16%). Inoltre, per restare in campo enologico, la denominazione Docg (usata per i vini) viene confusa con la sigla di un partito politico (21%) o scambiata per qualcosa di inerente la tecnologia (17%). Una grossa fetta degli intervistati ha poi riconosciuto di avere grosse difficoltà con nomi e sigle spesso incomprensibili (44%).

Passando alle ricette, solo un italiano su cinque conosce ricetta ed ingredienti che compongono le sarde a beccafico, mentre per uno su due si tratta di una ricetta che prevede la cottura delle sarde in una salsa composta da fichi o addirittura di sarde seccate con il medesimo procedimento utilizzato per essiccare i fichi.

Dalla ricerca emerge (per fortuna) più di una nota positiva. Infatti per quasi nove italiani su dieci i prodotti alimentari made in Italy hanno una marcia in più: sono più buoni e genuini (27%), danno maggiori garanzie in termini di sicurezza (21%) e la convinzione di gustare un cibo dal sapore unico e inconfondibile (16%). Infin, per un italiano su tre, la provenienza rigorosamente italiana rappresenta un “elemento irrinunciabile”. Una parte importante nella scelta è svolta dai ricordi personali: l’11% sceglie prodotti made in Italy perché ricordano sapori a cui si è abituati.

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