Il Prosciutto di Parma

Sulla metà del Cinquecento alla raffinata penna di un autore che forse era piacentino, certamente lombardo, si deve la redazione di una curiosa serie di libri, di particolare interesse, in cui riferisce delle sue avventure di viaggio e dà un quadro generale sufficientemente dettagliato delle sontuose maniere di mangiare degli italiani.
Morto verso il
1553 a Venezia, Ortensio Lando aveva una particolare passione per quanto riguarda le invenzioni delle cose che si mangiano e che si bevono. Il libro, edito nel 1543 a Venezia sotto lo pseudonimo di Messer Anonimo di Utopia ci dà un quadro sufficientemente perfetto delle possibilità gastronomiche che allora offriva l’Italia.
Con un tono magnificamente pastoso, di Parma il nostro viaggiatore gastronomo ricorda i tortelli, la “perfetta cotognata” e, naturalmente, il famoso formaggio, per cui dà l’avvertenza, passata poi in un detto popolare della città: “se è buono da mangiare non lo è da grattugiare, se lo è a grattugiare buono non è a mangiare”. E poi “li presutti” e, parlando di Bologna, di Parma, di Modena, innalza un altro inno ai maiali della regione, da cui si traggono dei “salsicciotti” dall’eterno appetito ed aggiunge con una chiara espressione di riconoscenza: “Benedetto chi ne fu l’inventore, lo bacio ed adoro quelle virtuose mani”.Pur vantando la comune origine ed essendo frutto della lavorazione delle carni suine, affinata nel tempo da generazioni di macellai e “Lardaroli”, ogni salume d’eccellenza della terra parmense può vantare una sua specifica storia e area di produzione.

 

La tradizione plurisecolare degli insaccati risulta ordinata, come attività a sé stante, solo alla fine del Medioevo, dall’Arte dei Lardaroli, originatasi per specializzazione dalla più forte Arte dei Beccai.
Ma la fama del Prosciutto di Parma, esclusiva specialità dei Lardaroli Parmensi, affonda le sue radici in tempi ancor più lontani, all’epoca romana. Parma, allora situata nel cuore di quella che era
la Gallia Cisalpina, era rinomata, come ricorda Varrone nel De Re Rustica, per l’attività dei suoi abitanti che allevavano grandi mandrie di porci ed erano particolarmente abili nel produrre prosciutti salati. Lo stesso Catone delinea già nel II secolo a. C., nel suo De Agri Coltura la tecnologia di produzione, sostanzialmente identica all’attuale.

Risalendo il corso dei secoli, del prosciutto e della tecnica di preparazione parlarono Polibio, Strabone, Orazio, Plauto e Giovenale. Riferimenti gastronomici al Prosciutto di Parma si trovano nel Libro de Cocina della seconda metà del Trecento, nel menù delle nozze Colonna del 1589, nel prezioso testo del Nascia, cuoco di Ranuccio Farnese nella seconda metà del XVII secolo. Il Prosciutto fa capolino tra le rime del Tassoni e nei consigli dietetici del medico bolognese Pisanelli.

Il Primo Ministro di don Filippo di Borbone, Guglielmo Du Tillot, aveva studiato un piano per la realizzazione, a Parma, di due macelli per suini, per valorizzare ed incrementare la locale industria dei salumi.

La primitiva fase, interamente artigianale, si è progressivamente sviluppata fino ai nostri giorni verso un processo di industrializzazione che, migliorando sensibilmente le condizioni igieniche, ha saputo mantenere intatte le caratteristiche tradizionali del prodotto.

La denominazione di Prosciutto di Parma è attribuita in relazione alla zona di origine degli animali (Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Lazio Abruzzo, Molise) unita alle inimitabili condizioni microclimatiche ed ambientali di una delimitata area collinare della provincia di Parma, dovute all’azione dell’aria che giunge dal mare della Versilia e che, addolcendosi tra gli uliveti e le pinete della Val di Magra, asciugandosi ai passi appenninici ed arricchendosi del profumo dei castagni, arriva a prosciugare i Prosciutti di Parma e a renderne la dolcezza esclusiva.

A salvaguardia della qualità delle materie prime e dell’osservanza delle scrupolose norme di lavorazione, nel 1963 è sorto il Consorzio del Prosciutto di Parma incaricato dallo Stato, con provvedimento del 3 luglio 1978, di esercitare il controllo sul prodotto e di garantirne la corrispondenza con gli standard richiesti dal disciplinare, attraverso l’apposizione del noto marchio con la corona sulla cotenna delle cosce.

Il Consorzio, che svolge anche funzione di promozione e valorizzazione del prodotto, è stato riconosciuto in ambito europeo ed è abilitato alle operazioni di controllo anche da Paesi terzi, come gli USA.
Il Prosciutto di Parma è stato insignito del marchio di Denominazione di Origine Protetta DOP della Comunità Europea.

fonte www.museidelcibo.it

 

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