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La pianta della vite venne introdotta a Roma dal re Numa Pompilio e messa a dimorare nel Foro con un albero di fico e uno di olivo. Numerose le testimonianze della viticoltura in epoca romana
Va precisato, in primo luogo, l’impossibilità di tracciare una storia separata dell’uva e del vino. Le prime testimonianze della coltivazione della Vitis vinifera si trovano in zone dell’Asia anteriore e del Caucaso, senza prescindere tuttavia da quanto narrato nell’Antico Testamento a proposito di Noè che, dopo il Diluvio, all’uscita dall’Arca, per prima cosa pianta le viti, quasi a voler simboleggiare una rinascita della civiltà.
Sebbene la coltivazione della vite abbia preceduto lo sfruttamento dell’uva per la produzione del vino, la loro stretta dipendenza si può dedurre da alcuni pittogrammi sumeri databili intorno alla fine del IV millennio a.C., così come dai vocaboli hittita tuwarsa (vite) e greco jursos (bastone delle baccanti), per giungere al vero mistero della produzione del vino: la fermentazione.
Va ai Fenici il merito di aver fatto conoscere ai popoli del Mediterraneo la vitis vinifera, mentre furono i Romani a trasferire la coltura della vite a tutte le popolazioni conquistate e fin dove il clima lo permetteva.
Secondo quella che è più una leggenda che una realtà storica, la pianta della vite venne introdotta a Roma dal re Numa Pompilio (714-671 a.C.) e, insieme a un albero di fico e ad un olivo, sarebbe stato messa a dimorare nel Foro, affidando a queste piante un significato sacro.
Solo dopo il VII secolo a.C., Roma raggiunse un certo livello di produzione per qualità e quantità ed il latte venne sostituito con il vino nei riti del sacrificio, sia in occasione delle feste di Stato che nelle celebrazioni religiose che accompagnano gli atti della vita agricola. Testimonianze sulla viticoltura in epoca romana ci vengono fornite, ad esempio, da Marco Porcio Catone nel De agricoltura e da Lucio Giunio Modesto Columella, intorno al I secolo d.C., nel Res rustica. A Roma il vino è l’unica bevanda e costituisce parte del nutrimento: tutti consumano vino durante i pasti, tranne le donne che, pur partecipando alla tavola, non assumono la bevanda foriera, secondo i medici del tempo, di sterilità. In quest’epoca il vino, oltre ad essere consumato nelle case private, era servito anche nei locali pubblici, i più comuni dei quali erano la caupona, in pratica l’osteria destinata ai viandanti che vi potevano anche alloggiare; le deversoria erano, invece, collocate nei pressi delle strade di grande comunicazione, mentre la lixia era una vera e propria cantina gestita dal vinarius.