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Ci sono parecchi motivi per cui, oggi, si puo’ affermare che l’arte culinaria e la relativa educazione alla tavola hanno avuto origini tra le mura dei monasteri medievali. In quel tempo, infatti, erano i monasteri che si occupavano del senso e dello scopo dei cibi e anche della loro funzione salutare: svolgevano la doppia funzione di ospedale e di ricovero ed era ovvio quindi, che chi cercasse consiglio, e aiuto, i poveri, i viandanti e i malati bussassero alle loro porte. Tutto questo sollecitava i monasteri ad avere sempre le dispense ben fornite, ovviamente, la cosa non presentava particolari difficolta’ considerando che le grandi proprieta’ terriere che comprendevano boschi, prati, stalle e ruscelli rifornivano tali dispense di ogni ben di Dio e la situazione economica era florida per le decime e i tributi che venivano loro pagati.i monasteri, allora, non avevano il problema della penuria di nuove leve; anzi, erano addirittura sovrappopolati. Data la prolificita’ delle famiglie e poiche’ solo il primogenito poteva ereditare, entrava in monastero anche chi non si sentiva propriamente chiamato alla vita monastica e questi ultimi dovevano esser rallegrati anche con il cibo.La nobilta’ forniva gli abati e le badesse, la cura dei campi delle cantine e delle stalle era affidata , invece, ai monaci che provvedevano ai rifornire la dispensa. A cucinare pensavano monaci e monache che prendevano spunto da “ricette” e indicazioni dietetiche trascritte da vecchi manoscritti. Nacquero cosi’ i primi appunti e le prime raccolte di ricette non sempre comprensibili e interpretabili. I monasteri dovendo far fronte oltre all’impegno spirituale , a quello di assistenza medica, svilupparono automaticamente una sorta di cucina salutare. Spezie e erbe medicinali erano un importante approvvigionamento di orti e vigneti. Le conoscenze degli effetti salutari delle erbe entrarono progressivamente nella cucina quotidiana e alla fine divenne consuetudine accompagnare i cibi con erbe opportune.
L’alimento base era la pappa di farina e grano. I cibi che si cucinavano erano pesanti e sostanziosi: il grasso e il lardo, con legumi e cavoli erano ingredienti importanti. I poveri dovevano accontentarsi di rape e cavoli. Il pane era una focaccia di farina grezza di segale o di orzo o di avena e non veniva mangiat solo con il latte o il formaggio o le uova, ma veniva utilizzato anche alimento-base per pietanze e per assorbire i cibi liquidi. Solo in occasioni importanti era arricchito con frutta secca o miele: da cio’ ebbero origini il dolce al miele, il pane di pere, il dolce di frutta e il panpepato.la carne era fornita da allevamenti e i boschi fornivano molta selvaggina, cosi’ i fiumi avevano una varieta’ di pesce oggi inimmaginabile. Gli insaccati erano di cervello, fegato e interiora ma l’uomo del Medioevo conosceva gia’ il prosciutto che veniva conservato con l’affumicatura delle cappe della cucina.
Nei territori viniferi, le fresche cantine dei monaci e dei nobili erano colme di ottimi vini, infatti erano proprio i monaci che si occupavano in modo particolare della cura e della coltivazione della vite, non da ultimo per il vino da messa, che e’ tenuto anche oggi in gran considerazione.I buoni vini si trovano solo sulle tavole dei benestanti o immagazzinate negli scantinati dei monasteri, nella vita quotidiana del popolo il vino presente era molto annacquato e aspro; se era troppo aspro veniva trasformato in una sorta di ponce simile all’idromele con miele, chiodi di garofano e cannella. Il liquore d’erbe si utilizzava preferibilmente per la cura di ogni genere di malanni piuttosto che per il piacere del palato.
primi piatti:
pappa di miglio, brodo speziato con verdure, zuppa di uccelli con zenzero, noce moscata e pepe
Piatti forti
Carne: lombo di cervo, fagiano di monte, pernici, tortore con prugne arrosto.
Pesce: lamprede, temoli e luccio con chiodi di garofano, canella e brdo al pepe.
Dessert
Passato di mele cotogne con miele, melone con menta vino e pepe.
Spunti tratti da “In cucina con S.Ildegarda” di Ellen Breindl Ed.Paoline