Panadas

Involtini con ripieno di carne di agnello, vitello o maiale.  Piatto antico noto dai tempi di Pietro IV d’Aragona nel XV secolo che ne parlava come “empanadas”, il prodotto ha subito qualche trasformazione nel tempo relativamente al ripieno. Pare che le panadas originali fossero ripiene di anguilla, pesce particolarmente grosso che abbondava nel vicino fiume Coghinas. Il ripieno era composto da un’unica fetta di anguilla di cm. 4 condita con un cucchiaio d’olio, prezzemolo, un pizzico di pepe ed aglio. Successivamente si diffuse il ripieno di agnello tagliato a “tocchi” con le ossa la cui presenza pare donasse un sapore più intenso e completo al tutto. Attualmente la panada è mediamente diffusa nel Monte Acuto: è presente nelle feste religiose (in particolare alla festa di Madonna di Castro in primavera nelle campagne di Oschiri) e nei banchetti nuziali oltre che nelle proposte dei menù agrituristici dove viene presentata a volte come antipasto a volte come secondo. Molti bar propongono la panada come break o pratico e veloce spuntino.
Le problematiche legate alla mancata esportazione del prodotto sono relative ali durata limitata del prodotto per il quale non è stata efficacemente applicata nessuna tecnologia conservativa.
La panada si presenta di forma cilindrica alta cm. 4/5, dal raggio di circa cm. 5, ornata da un “cordoncino”. sul disco superiore e dal peso di circa gr. 150.
La pasta che racchiude i ripieno della panada è fatta con la seguenti porzioni: Kg. 1 di semola di grano rimacinata, gr. 250 di strutto animale impastati ad acqua e un pizzico di sale. L’impasto viene lavorato
fino a quando diviene liscio e viene fatto “riposare” per circa due ore.
Durante tale arco di tempo viene preparato il ripieno che nel suo composta più diffuso è costituito da Kg. 1 di carne di agnello oppure da gr. 500 di carne di vitella egr. 500 di carne di maiale. La carne viene tagliata a dadini e ad essa si aggiunge gr. 400 di lardo macinato e pulito dal sale, un pizzico di pepe (particolarità sottolineata con vigore nella produzione casalinga oschirese della panada è che il pizzico è preso con tre dita -indice pollice e anulare -a significare un “pizzico abbondante”), prezzemolo a piacere e un particolare composto prodotto dall’acqua (due dita in un bicchiere) nella quale vengono fatti macerare per 30 minuti gr.27 di sale e uno spicchio d’aglio tagliato finissimo.
Amalgamato per bene il ripieno si passa alla lavorazione della pasta che viene stesa e ritagliata in tanti “dischi” di due differenti dimensioni: grande per la “base” e piccola per il “coperchio”. Il disco grande viene lavorato in forma di tazza e nella sua cavità si aggiunge il ripieno di carne e si chiude con il coperchio, ossia il disco di pasta più piccolo. Le dosi sopra indicate consentono di ottenere circa 20 panadas. La chiusura è operazione particolarmente delicata oltre che dimostrazione dell’abilità della massaia che infatti unisce con l’indice ed il pollice i bordi della pasta in modo funzionale e decorativo al tempo stesso a forma di cordoncino. Una panada ben chiusa non si aprirà in fase di cottura è manterrà un aspetto quasi di dolce. La panada va cotta in forno elettrico alla temperatura di 200 per circa 20 minuti. Il prodotto va consumato caldo o tiepido ed è commercializzato
in confezioni (generalmente da due panadas in vaschette coperte da cellophane) precotto da
riscaldare a cura del consumatore

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