La santoreggia, conosciuta come «erba che favorisce l’amore», nel Medio Evo è stata portata nei nostri paesi dai monaci benedettini.Come numerose spezie dell’area mediterranea, anche la santoreggia aveva la fama di essere un eccellente afrodisiaco. I popoli dell’antichità sfruttavano i suoi effetti per rinvigorire il potere sessuale.

Con l’Erba peverella si insaporivano pietanze difficilmente digeribili e si preparavano tantissimi piatti e bevande afrodisiaci.Gli antichi egizi erano noti per i loro vini afrodisiaci, insaporiti con diverse erbe, che avevano il potere di eccitare moltissimo gli amanti. Il più efficace pare fosse il «vino di Cleopatra». Oltre a diverse erbe e alcune solanacee, esso conteneva anche oppio grezzo ed era ritenuto un afrodisiaco eccellente. Come altri popoli dell’antichità, anche i Greci si abbandonavano volentieri al piacere e rendevano omaggio al culto erotico-estatico di Dioniso. Questo Dio ebbro, fallico, portava dalla sua patria d’origine, l’Asia, un vino chiamato «sangue della terra». Oltre a questa bevanda accompagnavano Dioniso una schiera di satiri e ninfe lascivi. Si suppone che il nome botanico «Satureja» sia da ricondurre alla parola greca «Satyr», che rimanda  alle proprietà afrodisiache di quest’erba molto amata.

La santoreggia è stata portata nel centro e nord Europa dai monaci benedettini itineranti e nella credenza popolare per molto tempo fu nota come «pianta della felicità». Ai monaci furono però presto proibiti sia la coltivazione che l’uso della pianta della felicità, poiché risvegliava e stimolava gli istinti sessuali repressi

In cucina la santoreggia aromatica, pepata, svolge un ruolo importante. Cosa sarebbero i piatti di fagioli senza quel gusto delizioso, saporito, che conferisce loro la santoreggia…

Le specialità della cucina casalinga, sostanziosa, come le patate arrosto con lo speck, i piatti unici con verdura e carne, naturalmente i fagioli e altri legumi, le salsicce e i cibi difficilmente digeribili vengono condite spesso con quest’erbetta raffinata, che stimola la digestione.

Anche nella cucina dietetica si utilizza la santoreggia, che insieme al basilico può sostituire benissimo sale e pepe.

Insieme al sale marino e altre erbe aromatiche che vengono finemente tritate nel mortaio è possibile  comporre dei sali aromatici molto digeribili.

La santoreggia, questa preziosa pianta aromatica e curativa, si trova come ingrediente in molte miscele di spezie, delle quali la più famosa è quella di «erbe provenzali

Pane alla santoreggia in ciotoline di terracotta

Si ottengono 4 ciotoline di terracotta (9 cm)

250 g di farina integrale (farro o frumento) ,250 g di farina bianca (farro o frumento),1 cucchiaino di sale  4 cucchiai da tavola di santoreggia finemente tritata, 20 g di lievito fresco, 3 dl d’acqua

3 cucchiai da tavola di olio d’oliva  Sciacquare le ciotoline di terracotta (senza usare detersivo). Lasciarle a bagno per un’ora in acqua fredda.

Tritare finemente le foglioline di santoreggia.Mettere il lievito in una tazza con una parte di acqua e mescolare. Versare in una scodella la farina integrale, quella bianca, il sale e la santoreggia e mescolare. Formare un incavo, versarci l’acqua col lievito, l’acqua restante, l’olio d’oliva e formare un impasto. Impastare bene; la pasta può rimanere leggermente umida e appiccicarsi un po’ alle mani.

Coprire la scodella e far lievitare la pasta a temperatura ambiente fino a farle raggiungere il doppio del volume.Preriscaldare il forno a 200 °C. Togliere le ciotoline dall’acqua e pennellarle all’interno con olio d’oliva. Dividere la pasta in 4 porzioni. Dare loro una forma e metterle nelle ciotoline. A piacere mettere un po’ di farina in un colino e spolverare la pasta.

Mettere le ciotoline nel forno in posizione centrale e cuocere a 200 °C per circa 25 minuti.

 

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