Dalla mucca alla bistecca

L’uomo ha sempre cercato di modificare e contrastare i tempi naturali della produzione agricola, da un lato differenziando le colture in modo da poter avere tutto l’anno prodotti commestibili (pomodori d’inverno e cavoli d’estate), dall’altro elaborando metodi efficaci di conservazione dei prodotti animali e derivati, per poterli utilizzare tutto l’anno.
Nei secoli i metodi di
conservazione più usati furono quelli dell’essiccazione, tramite l’utilizzo di sale (es. prosciutto crudo) o con l’ausilio del fumo (es. pancetta affumicata).
Altre tecniche, come quella della fermentazione, consentirono all’uomo di inventare il formaggio e gli altri derivati del latte, i prosciutti e altri salumi che integrano la fermentazione con la
salatura.
Non dimentichiamo poi i frigoriferi e i congelatori!
Con la nascita dell’industria del freddo, che mise a disposizione i primi frigoriferi, si ebbe la svolta decisiva nel campo della conservazione degli alimenti, che oggi si mantengono a lungo senza che il loro sapore venga alterato.
La catena del freddo consente, poi, il trasporto sulle grandi distanze della carne, del latte e dei prodotti derivati: questo come vedremo più avanti nel testo, ha notevoli impatti sull’ambiente e, in particolare, sull’
atmosfera!!
La lavorazione del cibo, insomma, è un processo antico, ma solo con l’industrializzazione del XIX sec, grazie ai nuovi processi tecnologici e con l’avvento dei
consumi di massa, hanno iniziato ad emergere le grandi imprese di trasformazione alimentare.
Oggi sono numero
se, in Italia e nel mondo, le grandi aziende che producono latte e i prodotti da esso derivati, quelle che producono carne in scatola e wurstel e, infine, i grandi salumifici industriali.
Non bisogna, però, dimenticare le realtà artigianali e le piccole imprese agricole, biologiche e non, che producono salumi e formaggi di qualità.

LA CATENA DI “SMONTAGGIO”

Dagli allevamenti in cui vengono cresciuti, nutriti e ingrassati, gli animali vengono trasportati fino al luogo dove le loro carni verranno preparate per la vendita: grandi impianti di macellazione in grado di raccogliere e macellare ogni giorno centinaia di tonnellate di carne.
In Italia sono presenti circa 2000 macelli, la maggior parte di questi (circo l’84%) sono di piccole dimensio
ni e macellano in totale circa il 30% della carne macellata in Italia.
Il restante 70% viene macellato dai grandi impianti industriali, che sono il 15% circa dei macelli italiani e si trovano principalmente nella Pianura Padana.
Nei grandi macelli il processo di macellazione è articolato come una grande catena di montaggio, o per meglio dire di “smontaggio”, cioè ogni azione di lavorazione dell’animale è ben distinta da quelle successive ed è gestita da un addetto che compie solo quel determinato passaggio.
Grazie a questo sistema alcune imprese sono in grado di macellare fino a 300 capi di bestiame all’ora!
A seconda del tipo di animale, si susseguono operazioni come lo squoiamento, l’eviscerazione, il lavaggio e la pesatura.
Ogni animale deve superare dei rigidi controlli sanitari prima di passare alla fase successiva, quella della lavorazione.
L’animale viene quindi disossato e tagliato in mezzene o quarti, pronti per essere a loro volta tagliati nelle parti di carne che troviamo sul banco del macellaio o impacchettate al supermercato.
Durante questo processo, il benessere degli animali è spesso a rischio, pertanto il Parlamento Italiano, nel 1998, ha recepito, attraverso un
decreto legislativo, una direttiva europea “relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento”, volta a risparmiare agli animali eccitazioni, dolori e sofferenze evitabili.

ASPETTI SOCIALI DELLA MACELLAZIONE

L’uccisione e la macellazione degli animali è sempre stato un lavoro duro e pericoloso: alle sofferenze subite dagli animali macellati bisogna aggiungere le sofferenze dei lavoratori che ancora oggi, ma soprattutto in passato, hanno lavorato in condizioni di sicurezza davvero precarie.
E’ molto noto, in proposito, il romanzo del 1906 di Upton Sinclair, che ha descritto le difficili condizioni di lavoro e di vita degli operai impiegati nel settore della macellazione della carne negli Stati Uniti, all’inizio del secolo scorso.
Ancora oggi nei macelli degli Stati Uniti si verifica il più alto tasso di incidenti sul lavoro – tre volte più alto della media mondiale; ogni anno un lavoratore su tre è vittima di un incidente sul lavoro secondo i dati ufficiali.
A queste informazioni infatti bisogna aggiungere il numero di incidenti in cui sono coinvolti i lavoratori, spesso immigrati, che lavorano “in nero” (ossia, senza regolare contratto) e che quindi non vengono denunciati alle autorità competenti.
Nei paesi in via di sviluppo la situazione è ancora peggiore: gli incidenti, infatti, sono molto più invalidanti dal momento che, oltre a non essere utilizzati dei sistemi di sicurezza all’avanguardia, non esistono assicurazioni che risarciscano il lavoratore per i danni riportati.
Infine, dal punto di vista ambientale, i macelli e gli stabilimenti di lavorazione della carne utilizzano processi ad alta intensità d’acqua: secondo l’UNEP, infatti, circa il 60% dell’acqua utilizzata per la produzione di carne è destinato alle operazioni necessarie a macellare e disossare i capi di bestiame. Un solo macello ad Hong Kong, ad esempio, è capace di produrre 5 milioni di litri di acque di scarico al giorno, equivalenti all’acqua di una piscina olimpionica profonda 4 metri!!

fonte www.eat-ing.net

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