In Italia ne parlò per primo Varrone, seguito poi da Plinio il Vecchio nella sua ‘Naturalis Historia’.

 

Plinio racconta che le ciliegie furono portate a Roma da Lucullo grande generale ma anche uomo raffinatissimo, viaggiatore e buongustaio, dalle sue campagne d’Oriente e precisamente dalla regione del Ponto.

 

Tremila anni ma non li dimostra, sempre gustosa, fresca e saporita. Parliamo della ciliegia. Come molte altri frutti europei, si narra che le sue terre d’origine siano il Medio Oriente e le regioni del Caucaso e dell’Armenia.

Le prime notizie della sua diffusione si hanno in Egitto, nel VII secolo a.C. , poi intorno al III secolo a. C. arrivò anche in Grecia tanto che Teofrasto (IV-III secolo a.C.) ne parla come di una coltivazione già stabilizzata. Della ciliegia nel nostro Paese ne parlò per primo Varrone, seguito poi da Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis Historia”. Plinio narra che le ciliegie furono portate in Italia da Lucullo, dalla regione del Ponto, quando tornò a Roma dopo la vittoriosa campagna contro Mitridate. La leggenda vuole che dunque sia stato proprio Lucullo a far conoscere le ciliege ai Romani (guadagnando così l’appellativo di “luculliane” alle sue cene) è dunque probabilmente priva di un reale fondamento. Nel I secolo a.C. le ciliege erano già note a Roma: la cosa è certa.

Tuttavia non è da escludere che Lucullo, grande generale ma anche uomo raffinatissimo, collezionista di libri e di oggetti d’arte, viaggiatore e buongustaio, abbia portato a Roma dalle sue campagne d’Oriente varietà di pianta che producevano frutti particolarmente dolci e invoglianti. Le piantò nel giardino della sua magnifica villa sulla collina del Pincio, proprio in cima all’attuale scalinata di Trinità dei Monti, e affascinò i suoi concittadini con lo spettacolo primaverile della fioritura e con lo stupore estivo di sapori ancora sconosciuti.

Comunque altre antiche fonti danno per certo che 120 anni prima la sua presunta introduzione in Italia da parte di Lucullo la ciliegia era già presente in Britannia e cresceva spontaneamente in tutti i boschi d’Europa; non solo, 75 anni prima la data fornita da Plinio il Vecchio, Plinio il Giovane enumerava già ben otto qualità di ciliege (le aproniane – dal nome di Apronius, un gaudente epulone celebre in Roma – le ceciliane, le juniane o julianee, le duracine o pliniane, le lusitaniche, le laurine, le luteziane e le macedoniche).

Per gli antichi Sassoni i vecchi alberi di ciliegio ospitavano divinità campestri capaci di proteggere i campi. Per i finalndesi il rosso delle ciliegie è il simbolo del peccato, mentre per i giapponesi il ciliegio rappresenta l’educazione, l’amabilità e le buone maniere fonte agricolturaitalianaonline.gov

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