La Pasta.. un po’ di storia

 Il vocabolo pasta viene dal termine păsta(m), dal greco πάστα con significato di ‘farina con salsa’ che deriva dal verbo pássein cioè ‘impastare’.

Si attesta a partire dal 1310 anche se a cercare le origini della pasta, chiamata con altri nomi, si può tornare indietro fin quasi all’età neolitica (circa 8000 a.C.) quando l’uomo cominciò la coltivazione dei cereali che ben presto imparò a macinare, impastare con acqua e cuocere o seccare al sole per poterli conservare a lungo. La pasta è infatti un cibo universale di cui si trovano tracce storiche in tutto il continente euroasiatico. Acquisisce una posizione particolarmente importante in Italia e in Cina dove si sviluppano due prestigiosi filoni di tradizione gastronomica che si completano a vicenda ma di cui rimane difficile stabilire i rapporti proprio per la complessità dei percorsi intermedi.

La testimonianza più antica, databile intorno ai 4000 anni fa, è data da un piatto di spaghetti di miglio rinvenuti nel nord-ovest della Cina sotto tre metri di sedimenti. L’invenzione cinese viene tuttavia considerata indipendente da quella occidentale perché all’epoca i cinesi non conoscevano il frumento caratteristico delle produzioni europee e arabe.
In verità possiamo trovare tracce di paste alimentari già tra gli Etruschi, Arabi, Greci e Romani.

Se, idealmente, il mito della pasta non si può non farlo cominciare da Cerere, dea delle messi e dei cereali, le sue prime tracce storiche emergono da una tomba etrusca di Cerveteri che si presenta ornata da un curioso motivo di coltelli, mattarelli e rotelle che sembrano quelle ancora oggi usate per la preparazione dei ravioli. E proprio gli Etruschi pare preparassero delle lasagne di farro, un cereale molto simile al frumento.

Per il mondo greco e quello latino numerose sono le citazioni fra gli autori classici, fra cui Aristofane e Orazio, che usano i termini làganon (greco) e laganum (latino) per indicare un impasto di acqua e farina, tirato e tagliato a striscie. Queste lagane, ancora oggi in uso nel sud d’Italia, considerate inizialmente cibo dei poveri, acquisiscono tanta dignità da entrare nel quarto libro del De re coquinaria del leggendario ghiottone Apicio. Egli ne descrive minuziosamente i condimenti tralasciando le istruzioni per la loro preparazione, facendo supporre che fosse ampiamente conosciuta.

La più importante novità del Medioevo per la costituzione della moderna categoria di pasta, fu l’introduzione di un nuovo metodo di cottura e di nuove forme. Il sistema della bollitura, usato nell’antichità solo per pappe o polente di diversi cereali, sostituì il passaggio al forno dove invece le antiche lagane erano poste direttamente con il condimento come liquido di cottura.

Apparvero le paste forate e quelle ripiene; l’invenzione della pasta secca a lunga conservazione, attribuita generalmente agli arabi bisognosi di provviste per i loro spostamenti nel deserto, fu invece la novità che più influì nelle abitudini alimentari e nei commerci. Fu nel Medioevo che sorsero le prime botteghe per la preparazione professionale della pasta che dalla Sicilia, impregnata di cultura araba parallelamente al Levante spagnolo, già a metà del XIII secolo si installarono anche a Napoli e Genova, città che avranno poi grande partecipazione nell’evoluzione e nel successo delle paste alimentari. In un secondo tempo aprirono anche in Puglia e in Toscana e nel XIV secolo vennero costituite le prime corporazioni di pastai. La tecnica dell’essiccazione permise alla pasta di affrontare lunghi percorsi via mare o all’interno del continente per i quali si specializzarono i commercianti genovesi. Anche la Liguria divenne luogo di produzione di paste secche mentre l’Emilia-Romagna, la Lombardia e il Veneto rimarranno legati all’uso della pasta fresca che tuttora persiste.

Oltre a croseti (pasta corta) e ancia alexandrina (pasta lunga), nel trecentesco Liber de coquina viene spiegato molto dettagliatamente il modo di fare lasagne e si consiglia di mangiarle con “uno punctorio ligneo”, un attrezzo di legno appuntito. In effetti, mentre nel resto d’Europa per mangiare si useranno le mani fino al XVII-XVIII secolo, in Italia si ebbe una precoce introduzione della forchetta più comoda per mangiare la pasta scivolosa e bollente introdotta nel sistema alimentare.

 Solo nel quattrocentesco Libro de arte coquinaria di Maestro Martino si trovano le prime indicazioni tecniche per la preparazione dei “vermicelli”, “maccaroni siciliani” (per la prima volta il termine indica pasta corta forata) e “maccaroni romaneschi” (tipo tagliatelle). Le ricette dell’epoca prevedevano che la pasta fosse servita come contorno ad altre vivande e specialmente con la carne. Questo gusto, insieme a quello per la pasta scotta, si trova ancor oggi fuori dall’Italia dove invece nel ‘600 Giovanni del Turco comincia a consigliare una cottura più breve che lasci i maccheroni “più intirizzati e sodi”. Classico anche l’abbinamento con formaggio grattugiato, mai scardinato, neanche dall’abbinamento col pomodoro sperimentato e attestatosi tra fine ‘700 e primi ‘800.

Alla fine del XVI secolo comparvero i primi pastifici a conduzione familiare nella città di Gragnano, favorita da particolari condizioni climatiche, come una leggera aria umida che permetteva la lenta essiccazione dei “maccaroni”. Con la crisi del settore tessile, dalla metà del XVII secolo la maggior parte dei gragnanesi venne impiegata nell’industria pastaia per la quale furono costruiti ben 30 mulini ad acqua, i ruderi dei quali si possono ammirare nella “valle dei mulini”. La produzione della pasta, in particolare dei “maccaroni”, rese famosa nel mondo Gragnano che nell’Ottocento conobbe la sua epoca d’oro. La via Roma e la piazza Trivione, con i maccheroni appesi ad essiccare, diventarono così il centro della città.

Nel Settecento i primi rudimentali macchinari per la produzione industriale resero il costo della pasta accessibile anche ai meno abbienti che fino ad allora ne erano rimasti privati.

La produzione dei maccaroni aumentò ancora dopo l’Unità d’Italia. I pastifici gragnanesi si aprirono ai mercati di città come Torino, Firenze e Milano e la produzione di pasta raggiunse quindi l’apice. Gragnano addirittura ottenne l’apertura di una stazione ferroviaria per l’esportazione dei maccheroni che la collegava a Napoli e quindi all’intero Paese. Il 12 maggio 1885, all’inaugurazione erano presenti nientemeno che il re Umberto I e sua moglie, la regina Margherita di Savoia . Successivamente i pastifici si ammodernarono. Arrivò l’energia elettrica e con questa i moderni macchinari che sostituirono gli antichi torchi azionati a mano.

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